Mercoledì 29 marzo è stato un giorno di festa per la nostra comunità! Io, Giordano, Tommaso, Irvin e Stefano abbiamo fatto il rito di ammissione, il primo passaggio verso il sacerdozio, dicendo il nostro sì davanti a Dio e alla Chiesa. Il rito di ammissione è sia il riconoscimento da parte della Chiesa della bontà del cammino vocazionale di un giovane, sia la promessa da parte dei candidati al sacerdozio a continuare la loro formazione. È stata una grande emozione sentirsi chiamare per nome, dal Rettore, don Ferruccio, a nome della nostra chiesa diocesana. Nel cammino cristiano è la terza volta che siamo stati chiamati per nome: la prima volta nel battesimo e la seconda nella confermazione. Nel rito di ammissione, la Chiesa chiama per nome, dopo aver riletto insieme a noi il cammino di fede della nostra stessa vita, alla luce della vocazione donata dal Signore, frutto dell’aver vissuto con Lui. Nel sentirci chiamare risuona non solo la nostra identità illuminata dal Suo sguardo, ma anche il suono di ogni passo percorso lungo il cammino, con tutta la sua ricchezza e varietà. Tale cammino non lo facciamo da soli: insieme al nostro nome è anche pronunciato il nome della parrocchia di provenienza; questo sottolinea come una comunità cristiana sia capace di generare uomini e donne che accolgono ogni vocazione all’amore, nel nostro caso quella al sacerdozio. Entrambi i nomi, evocano un incontro: è l’incontro con il Signore, che ci ha chiamati a vivere una vita in pienezza, secondo i doni che Lui stesso ha voluto elargire a ciascuno di noi.

Ecco che noi cinque seminaristi, davanti alla nostra comunità, ai formatori, ai sacerdoti presenti e alle nostre famiglie, abbiamo promesso al nostro Arcivescovo, mons. Roberto Repole, di voler proseguire la nostra formazione, senza alcuna pretesa di compierla con le nostre sole forze, ma con piena fiducia in Colui che chi ci ha chiamato alla Sua sequela e che continua a camminare sempre al nostro fianco. Il Vescovo Roberto ha poi voluto sottolineare come non esista alcun ministero nella Chiesa che limiti la propria libertà, e che tale libertà va rinnovata ogni giorno. Con questo desiderio nel cuore, vogliamo quindi accogliere ogni giorno che ci viene donato dal Signore, cercando di vivere in pienezza la bellezza della vita. Il passo successivo è stato quello del ministero del lettorato, ricevuto insieme al mio fratello Giordano, il 30 aprile, festa del Buon Pastore, insieme anche agli aspiranti diaconi. Il lettorato è il primo ministero che si riceve dopo il rito di ammissione: una volta confermati nel nostro cammino, ora siamo chiamati ad annunciare quella Parola che plasmato il nostro cuore.
È significativo il fatto che, riconosciuta la nostra identità con l’essere stati chiamati per nome, siamo chiamati ad annunciare una parola che non ci appartiene, non è nostra, ma è la Parola di Dio che, meditata e vissuta, è entrata nella nostra vita e continua a guidarci nel compiere la volontà di Dio. Il ministero ricevuto, come ogni ministero nella Chiesa, è un servizio all’unico pastore, il Risorto. Insieme al Buon Pastore, continuiamo a camminare alla sua sequela, per continuare a crescere nella via dell’amore e per far in modo che, come è avvenuto per noi, si possa realizzare l’incontro unico, irripetibile, per ogni donna e ogni uomo con il Risorto. Desideriamo che anche per coloro che incontriamo e serviamo, si realizzi la Parola del Signore: “che abbiano la vita e che l’abbiano in abbondanza”.
Guglielmo Besselva