Come tutta la Diocesi di Torino, anche il seminario, con l’arrivo di settembre ricomincia il suo cammino e lo fa con un momento di ritiro: dal 22 al 25 settembre in Valle d’Aosta, accolti nel priorato di Saint Pierre. Ma da dove ripartire? In un contesto come quello attuale, con una guerra alle porte dell’Europa, una crisi finanziaria sempre più incombente, tante incertezze e ancora l’ombra della pandemia che serpeggia nell’aria, dove ritrovare lo slancio e il coraggio per riprendere il cammino della vita e del discernimento vocazionale? Per rispondere a queste domande ci hanno aiutato le meditazioni del nostro Vescovo mons. Roberto Repole e del rettore della casa di spiritualità di Saint Pierre don Albino Linty-Blanchet. Il nostro Vescovo ci ha guidati attraverso la meditazione su tre tappe fondamentali del cammino di discepolato di Maria, ricordandoci che ciò che può veramente sostenere il nostro cammino è il far memoria dei momenti della nostra vita in cui il Signore si è fatto presente e vicino a noi. E così quanto più tratteniamo nel nostro cuore questi momenti, tanto più, come è successo a Maria che va in fretta a visitare Elisabetta, cresce in noi il desiderio di verificare quei segni di speranza che ognuno di noi ha intercettato nella propria storia personale. Il Vescovo Roberto ci ha indicato il cammino che porta alla maturazione della speranza, una speranza che può essere condivisa, anzi che chiede di essere sempre condivisa. Tale speranza può essere davvero la risposta ai tanti drammi di questo mondo. La beatitudine di Maria, sta nell’aver creduto. Quanto più in ognuno di noi crescerà la certezza della speranza portata nel mondo da Gesù, tanto più crescerà la nostra beatitudine e come ci ricorda anche papa Francesco, sapremmo essere “artigiani di pace”. Questo cammino, proprio perché umanissimo e perché è il cammino fatto da Gesù stesso, non è senza fatiche e senza croci. Il Vescovo ci ha indicato la fatica più grande: la non accoglienza dell’annuncio di speranza che la fede porta. Ci ha chiesto: “siete disponibili a stare difronte alla non accoglienza di Cristo?” cioè siete davvero in grado di amare l’altro per come è davvero, senza aver pretese, calcoli o tornaconti? Questa è la sfida più grande, ma allo stesso tempo la verifica del cammino di fede che stiamo facendo. Certo il rifiuto di Cristo è come una spada che trafigge l’anima, ma allo stesso tempo è l’occasione per renderci conto di ciò che ci rende davvero liberi. La sfida che ci ha lanciato mons. Repole è quella di “abitare il cuore del Padre”, cioè di crescere nel rapporto con Lui, lasciarci abbracciare dal Padre per poter a nostra volta abbracciare tutti quelli che incontreremo.

Altra grande perla preziosa è stata la meditazione di don Albino Linty-Blanchet: ci ha sfidati, attraverso il brano dell’incontro, nella casa di Betania, tra Gesù, Marta e Maria, a ripartire dall’ unica cosa necessaria, la Sua presenza. Don Albino ha utilizzato tre parole chiave per descrivere questa pagina di Vangelo: ospitalità, servizio e preghiera. Tre parole strettamente collegate tra di loro, ma che allo stesso tempo nascono dall’incontro con Gesù vivo e presente. Ci ha, inoltre, testimoniato che una vera possibilità di accoglienza, di servizio e di preghiera, non nascono come sforzo nostro di fare (anche Marta, infatti era piena di buoni propositi, ma si è ritrovata appesantita dalle molte cose da sbrigare, ed ha avuto bisogno del richiamo di Gesù per scoprire il gusto vero delle sue attività), bensì dal riconoscere Gesù presente nella nostra vita. Presenza che è sempre nuova, capace di illuminare tutti i “tempi” della nostra vita. Con Lui infatti si vive in una novità continua, non tanto per le cose che si faranno, ma per la scoperta sempre eccezionale che Lui è con noi. Da questa scoperta ha origine l’umiltà, cioè la consapevolezza che non siamo noi i padroni della nostra fede, ma che questa ci è donata, e soprattutto che è Lui e solo Lui che ci è necessario per vivere, per sperare e per amare davvero. Il cammino di fede che ci aspetta diventa entusiasmante proprio a partire da questa umiltà profonda: non più la nostra capacità di fare, ma il nostro bisogno di Lui e contemporaneamente il dono che proprio Lui ci fa della fede.
Ovviamente non sono mancati i momenti di convivialità e di più spensierata ri-creazione, tuttavia sono stati giorni intensi e molto sfidanti, soprattutto grazie alle meditazioni del nostro Vescovo Roberto e di don Albino. Ci hanno rimesso di fronte a noi stessi, e di fonte a Colui che ci chiama incessantemente. Nel nostro “sì” a Lui sta la nostra santità, oltre che la nostra vocazione (don Albino).
Giovanni