PRECARI NON INSTALLATI

Venerdì sera 26 novembre e sabato 27 novembre la nostra comunità del Seminario ha vissuto un tempo di ritiro inteso in preparazione dell’Avvento. Siamo stati guidati da padre Claudio Passavanti dei frati minori del Monte dei Cappuccini di Torino.

Partendo dal Vangelo della natività di Luca, fra Claudio ci ha offerto la possibilità di meditare, ancora una volta, sul tema dell’incarnazione. In una prima meditazione, venerdì sera, ha sottolineato il vero ruolo di Maria in visita alla cugina Elisabetta. Rivolgendosi ad un seminarista ha esordito dicendo: “Maria non serve Elisabetta, ma sta con lei, sta presso di lei! …. Perché? Per condividere la gioia!”. Fra Claudio ci ha fatto capire che il tempo speso da Maria con Elisabetta non è un tempo di azione ma di ascolto e convivenza. Un tempo di gestazione. Mi ha colpito il collegamento tra la situazione di Maria gestante, con il tempo del Seminario.

Il tempo dell’attesa di un bambino che deve nascere è il tempo in cui Dio è all’opera. Un tempo in cui Dio scrive le prime battute della nostra storia. Anche il percorso del Seminario ha questo di caratteristico: si cerca di capire cosa il Signore chiede alla nostra vita, cercando di lasciare che sia Lui a scrivere sulle pagine della nostra vita. Certo, non si tratta di mera passività, ma di essere capaci di un ascolto orante e privilegiato con Dio. “Dobbiamo essere vergini come dei CD, per lasciarci scrivere dal Signore”, ci ha detto fra Claudio. Si tratta cioè di essere poveri. Poveri, però, in quale senso? Come San Francesco! “Quale è la più grande povertà di San Francesco?”, ci ha chiesto il nostro professore di storia una volta. Risposta: “la povertà dell’incarnazione”.

Mi colpì particolarmente e, riascoltando il frate durante il rito di Avvento, ho compreso che la grandezza di Francesco sta nell’accettare la realtà dell’“oggi”, sia quella dell’uomo sia quella della Chiesa. “O ti incarni o ti arrabbi”, ci diceva fra Claudio. O accetti la realtà che ti è presentata oppure sei un vinto. La volontà di Dio, possiamo dire, è quella di vivere l’attimo presente. Incarnarsi vuole dire vedere Dio presente nelle persone che ti stanno accanto, anche se questo è faticoso. Spesso capita di vivere tra due poli: il passato e il futuro. Questo è un difetto (d’incarnazione) che ho anche io, lo ammetto. Mi capita di ricordare con entusiasmo esperienze di Dio nel passato, o di avere progetti grandi per il futuro. Il rischio è quello di non vivere appieno il mio oggi.

Un altro passaggio che mi ha colpito del ritiro è sintetizzato in questa frase di fra Claudio: “Se vivi fuori dall’omologazione, deluderai tanta gente, ma non si può piacere a tutti”. Vivere la realtà non vuole certo dire vivere come “fotocopie” l’uno dell’altro. Dobbiamo tentare di vivere come Gesù, che non ha avuto paura di rompere schemi legalisti ed opportunistici. Dobbiamo sapere provocare e non avere paura del conflitto. Vivere l’incarnazione allora diventa anche capacità di “alzare la voce” e dire che le cose non vanno, e che non stiamo vivendo una vita evangelica. Questa è stata la vita di san Francesco. Penso che fare la scelta di entrare in Seminario oggi rientri un po’ nella logica dello stare “fuori dall’omologazione”. Il tempo del Seminario è un tempo privilegiato in cui si passa dall’essere “installati” nelle proprie certezze e sicurezze ad essere “precari”, bisognosi cioè sempre di chiedere a Dio, perché consapevoli che da soli non ce la possiamo cavare. “L’installato non prega, mentre il precario sì!”, ci diceva ancora fra Claudio. Da questo ritiro di Avvento “porto a casa” la voglia di vivere la sfida del quotidiano con grande entusiasmo, dandomi come compito di ringraziare il Signore per le tante cose belle e i tanti piccoli miracoli che ogni giorno mi capita di vivere. “In ogni cosa rendete grazie a Dio”, ci insegna san Paolo.

Buon Avvento.

Tommaso

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